le Viole

 

Viola odorata L., Viola alba Besser, Viola suavis M. Bieb, …

fam.: Violaceae

La violetta, di cui esistono in realtà tante specie differenti spesso difficilmente identificabili a causa della loro forte tendenza all’ibridazione, è un fiore che quasi non avrebbe bisogno di presentazioni.

Appena le giornate iniziano ad allungarsi, sul finire dell’inverno, le viole fanno la loro comparsa a macchie ai margini del bosco o sui prati, a colorare i piedi di qualche albero dalla chioma spoglia che lascia filtrare la luce chiara di febbraio.

Riservata e terrestre, ci avverte della sua comparsa attraverso il profumo inconfondibile che ci arriva incontro ancor prima di vederla.

Il legame con la terra è forte in questo fiore gentile, a partire dal terreno che sceglie per svilupparsi, spesso vivo e ricco di humus, e per il suo portamento, sempre vicino al suolo.

Come un’onda, si propaga rapida per mezzo di stoloni aerei radicanti ai nodi, e così in breve tempo ricopre il terreno, formando veri e propri tappeti profumati.

Le formiche amano i semi della viola; quando sono maturi li saccheggiano golose e li trasportano nei loro nidi sotterranei contribuendo così alla diffusione della pianta.

Anche il mito greco del rapimento di Persefone* da parte del Dio dell’oltretomba, ci porta ancora una volta a trovare un collegamento tra le forze terrestri e le Viole, anche se in questo caso la protagonista non è la viola odorata ma la viola del pensiero.

Fino ad una ventina di anni fa dalle nostre parti era tipico, da fine febbraio, trovare ordinati mazzetti di violette dai fiorai, all’ingresso del cimitero.

Mia madre si ricorda che sempre ne comprava un mazzetto da regalare a sua zia. Sarà una cosa delle zie amare le viole perché lo stesso è anche per la mia. E così questo fiore, con il suo profumo, si lega alla storia delle donne della mia famiglia, con un sentimento di leggera malinconia che l’accompagna e l’immagine della casa in collina della zia di mia madre, con l’odore di camino spento, il colore bruno quasi blu dei suoi capelli, la terra scura ricoperta di edera e l’ombra sotto il pergolato.

Tutte le viole, in particolare le più profumate, hanno proprietà medicinali.

Si utilizzano principalmente i fiori ma anche le foglie e le radici, a seconda delle preparazioni e dell’effetto desiderato.

L’utilizzo forse più noto è quello dei fiori come espettorante e tossifugo1. Sotto forma di infuso o sciroppo è molto utile per le tossi e le bronchiti dei bambini, dei fumatori e per gli asmatici.

Sempre lo sciroppo dei fiori è anche un ottimo e blando lassativo, indicato, nella giusta posologia, a regolarizzare l’intestino di persone debilitate, anziani e bambini.

Lo si prepara così:

si mettono in infusione per dodici ore 100 grammi di fiori freschi in un litro di acqua bollente. Trascorso il tempo di infusione, si filtra e si spreme bene il materiale vegetale per recuperarne il succo. Si lascia riposare il liquido ottenuto decantandolo, e infine vi si sciolgono 1800 grammi di zucchero integrale di canna a caldo, ma delicatamente, per evitare di disperderne l’aroma.

Si assume poi a cucchiai, da 1 a 3 al giorno per gli adulti, e a cucchiaini, 2 o più al giorno per i bambini.

Secondo Pierre Lieutaghi, nelle campagne i contadini usavano purgarsi con una pianta intera di viola odorota, ma attenzione al fai da te perché a dosi elevate la radice può essere fortemente emetica. Allo stesso scopo, molto più sicuro e decorativo è aggiungere una manciata di fiori e qualche foglia fresca tagliata fine alle insalate primaverili!

Gli utilizzi e le preparazioni a base di viole sono molteplici, non da ultima la tintura madre che si può usare tra le altre cose come sedativo del sistema nervoso, come diuretico e protettivo delle vie urinarie e come collutorio per le infiammazioni del cavo orale.

Poiché la ricerca farmacologica sul fitocomplesso delle piante non ha mai fine, anche sulle Viole si stanno svolgendo ricerche cliniche2 che sembrano finalmente confermare una potenziale e interessante azione citotossica contro le cellule tumorali umane, da parte di una classe di peptidi contenuta proprio nelle piante di Viola odorata.

Forse non a caso Santa Ildegarda di Bingen ne consigliava l’utilizzo sotto forma di oleito o pomata per curare tumori della pelle e degli occhi.

La viola cresce all’ombra ma combatte l’oscurità e la scontentezza, è fredda ma dona conforto e scalda l’animo, in un continuo rapporto tra la terra ancora fredda di febbraio e l’aria di marzo che già inizia a scaldarsi.

Forse si potrebbe riassumere qua l’armonia di questo fiore.

 

 

*il mito di Persefone

Un giorno Ade, il Dio greco degli inferi, si innamorò della bellissima Persefone e chiese a sua madre Demetra il permesso di sposarla.

Demetra, contraria al matrimonio della figlia con un Dio delle ombre e dei morti, non volle acconsentire, ma Ade, innamorato, rapì contro la sua volontà Persefone, mentre stava raccogliendo narcisi insieme alle sue compagne, e la portò con il suo carro nell’oltretomba.

Arrivati agli inferi Ade offrì da mangiare della frutta alla ragazza.

Persefone mangiò senza appetito 6 chicchi di melograno, ignara che così facendo stava firmando la sua condanna a rimanere agli inferi per l’eternità.

Demetra, furiosa per la perdita della figlia, fece piombare la terra in uno stato di desolazione e carestia assoluta condannando la natura a vivere un inverno perenne.

Fu per questo che Zeus, il re dell’olimpo, si vide costretto ad intervenire,. costringendo Demetra e Ade a trovare un accordo.

Poiché Persefone aveva mangiato solo 6 chicchi di melograno e non un frutto intero, fu deciso che la sua permanenza agli inferi sarebbe stata di sei mesi all’anno, gli altri sei mesi li avrebbe potuti trascorrere sulla terra insieme a sua madre.

Ogni anno, quando Persefone torna sulla terra, la madre l’accoglie facendo rifiorire la natura e facendo spuntare sui suoi passi delicate violette del pensiero che ricordano il colore degli occhi della ragazza e che annunciano la primavera!

 

 1 tossifugo= di sostanza che ha effetto inibitorio sulla tosse.

 2Nicole C Parsley Christine L Kirkpatrick , Christopher M CrittendenJavad Ghassemi RadDavid W HoskinJennifer S BrodbeltLeslie M Hicks, PepSAVI-MS reveals anticancer and antifungal cycloviolacins in Viola odorata, Phytochemistry (2018) Aug;152:61-70; S Yousefnia D Naseri F Seyed Forootan M Tabatabaeian F Moattar T Ghafghazi M H Nasr Esfahani K Ghaedi,  Suppressive role of Viola odorata extract on malignant characters of mammosphere-derived breast cancer stem cells, Clin Transl Oncol. (2020) Sep;22(9):1619-1634

*le indicazioni sulle proprietà delle erbe sono informative, per l’utilizzo corretto delle piante officinali in ambito terapeutico-salutistico è sempre opportuno consultare un professionista.

 

Giulia Maschera, erborista

Appunti sull’essiccazione e sulla conservazione delle erbe

Petali di papavero, fiori di malva e fiori di sambuco essiccati.

Essiccare le erbe è il modo più semplice per conservarle preservandone proprietà e sapore.
Anche se può sembrare una cosa da nulla è in realtà un processo che richiede molta cura.
Ci sono diversi dettagli da non trascurare per ottenere un essiccato sano ed efficace, soprattutto se si decide di procedere con l’essiccazione naturale, quella che sfrutta il caldo dell’estate, più delicata per la pianta ma anche più insidiosa. 
In tutte quelle regioni del centro e sud Italia, in cui si verificano estati calde, secche, spesso ventose, è pratica diffusa e consigliata. 
Basti pensare alla tradizione dell’origano, riunito in mazzi e lasciato ad asciugare direttamente nei fienili. 
Al contrario al nord, dove le estati sono piovose e per questo umide, facili allo sviluppo di muffe e marciumi, sarà molto più difficile assicurare una buona riuscita del lavoro.
Per questo e altri motivi si ricorre sempre più spesso all’essiccazione con essiccatori ad aria forzata.
Se ne trovano ormai in commercio di diversi tipi che si possono benissimo usare per una piccola produzione casalinga.
Ma anche in questo caso conoscere alcune regole di base può tornare sempre utile.

Partiamo dalla raccolta, che andrà fatta nel tempo balsamico della pianta, ovvero il periodo dell’anno in cui sviluppa la massima concentrazione di principi attivi.
Ogni pianta ha il suo tempo e anche ogni parte della pianta ha il suo, che siano fiori, foglie, radici…

Una volta raccolte, le erbe vanno messe ad essiccare il prima possibile, evitando nell’attesa di lasciarle ammucchiate, o peggio sotto il sole, altrimenti in poco tempo iniziano a fermentare e a ossidarsi, perdendo gran parte delle proprietà prima ancora di iniziare.

A seconda della pianta si dispone il materiale raccolto in strato sottile su delle reti, su dei telai di stoffa leggera o vimini che consentano all’aria di circolare liberamente, oppure si riuniscono in mazzi non troppo fitti e si appendono al soffitto.
E’ importante scegliere un luogo al riparo dalla luce, caldo e arieggiato, dove però la temperatura non superi i 40° e dove, in caso di maltempo, si possano chiudere le finestre.
Solo le radici e i frutti carnosi possono quasi sempre essere essiccati esponendoli direttamente al sole, in alcuni casi preventivamente tagliati a rondelle e infilati con un filo resistente in lunghe collane.

Biancospino essiccato, fiori e foglie.

Le erbe sono pronte quando sono ben secche, né troppo né troppo poco, al punto da scricchiolare tra le dita senza però ridursi in polvere. Come descrive benissimo Pierre Lieutaghi “la spezia polverizzata non vale più di un pane bianco, di un vino evaporato”.
Per lo stesso motivo è preferibile conservare le erbe in taglio grosso e sbriciolarle ulteriormente solo al momento dell’utilizzo.
Eccomi qua a confidarvi i miei dubbi riguardo alle più comuni tisane in filtro che si trovano negli scaffali dei supermercati, che di medicamento hanno poco e che sono forse una più o meno gradevole acqua calda aromatizzata.

Un’essiccazione ben riuscita si potrà comunque facilmente giudicare dall’aspetto della droga*secca, consistenza, odore e specialmente dal colore, che deve restare il più possibile vicino a quello di partenza.

Le erbe essiccate sono delicate, anche se ben conservate perdono gradualmente le loro proprietà , andrebbero per questo consumate entro l’anno e rinnovate con il ritorno di una nuova raccolta.
Pulite, e tagliate quando necessario, le erbe si possono poi riporre in vasi di vetro ben chiusi, al riparo dalla luce e dall’umidità, pronte per essere utilizzate.

Fase di lavorazione delle foglie di piantaggine essiccate.

*Droga: la parte della pianta che contiene i principi attivi e che viene usata a scopo medicamentoso. 

 

 

La raccolta del biancospino

Biancospino (Crataegus monogyna), aprile 2020, Monteciccardo (PU)

Come ogni anno la stagione delle raccolte è inaugurata dal Biancospino, una delle piante medicinali più importanti della nostra flora.
La fioritura è breve e delicata.
I fiori vanno raccolti quando sono ancora in bocciolo, o appena all’inizio dello sbocciare; preferibilmente al mattino, asciugati dal sole, prima che gli insetti siano passati a fargli visita.
Il biancospino è un arbusto che cresce ai margini dei campi.
Dopo la raccolta, sui suoi rami, devono restare tanti fiori per gli insetti quanti quelli per gli occhi dei passanti.

Biancospino, telai per l’essiccazione

“Bisogna inoltre dire che la pianta è un medicinale capriccioso: colta durante la stagione sbagliata, nel momento meno adatto, su di un terreno cattivo, male essiccata, conservata troppo a lungo, essa perde la maggior parte dei suoi poteri; una certa Labiata molto attiva in Provenza, diventa un mezzo inerte quando la si coltivi nel clima parigino; un certo Aconito, mortale se cresciuto nelle Alpi, diventerebbe commestibile in Lapponia…
Ritornare ad utilizzare i Semplici è prima di tutto imparare a conoscerli bene.”
– Pierre Lieutaghi –